Come introdotto nel capitolo "Che cosa è la vescica", esitono una serie di malattie che possono coinvolgere questo organo. Tra tutte, la vescica neurologica.
 

Come si risolvono i problemi della vescica neurologica?


È ovvio che le terapie disponibili siano diverse:
cateterismo ad intermittenza (o autocateterismo),
in cui il paziente (con vescica areflessica, che cioè non si contrae e non si svuota) provvede da solo all ’inserimento, più volte al giorno, di un sottilissimo catetere (3-4 millimetri di diametro) fatto apposta per questo scopo, eliminando il ristagno vescicale e tutti i pericoli ad esso legati (infezioni urinarie e sistemiche, insufficienza renale, etc,);

cateterismo permanente,
che rappresenta la soluzione meno felice, poiché il catetere rappresenta un formidabile veicolo di infezioni urinarie , se lasciato in sede ed è attualmente riservato a pazienti con ridotta prospettiva di vita, o con problematiche molto particolari;

terapia farmacologica,
con significato peraltro limitato a pochi e specifici tipi di problema (soprattutto l’incontinenza da contrazione involontaria della vescica);

terapia chirurgica classica,
(sfinterotomia, derivazione urinaria, tecniche di ampliamento della vescica con tessuti diversi) per i casi in cui la vescica non si vuol far riempire o, riempiendosi, non si svuota;

moderna chirurgia protesica,
che consiste nella applicazione di apparecchi detti “neuromodulatori” direttamente a contatto con le fibre nervose che fuoriescono dal midollo spinale (è un concetto simile a quello del pace maker cardiaco) che rappresenta probabilmente il futuro prossimo nel trattamento di queste problematiche, in quanto permette di risolvere contemporaneamente i problemi di riempimento e di svuotamento della vescica, laddove essi siano presenti associati, permettendo altres ì di modulare l’attività degli sfinteri se è presente una dissinergia.

 

A chi rivolgersi per avere consigli?


È anche ovvio che, vista la complessità tecnica del problema, la scelta della soluzione più opportuna debba essere affidata ad uno Specialista che abbia familiarit à con questi temi, anche perchè tutte le terapie descritte non sono scevre da complicanze o rischi e, non ultimo, si somministrano a pazienti spesso già provati notevolmente da un punto di vista psicologico (si pensi ad un paziente portatore di handicap per lesioni midollari), che vivono già dolorosamente ogni aspetto della propria esistenza quotidiana, anche il più banale, come fare la pipì e sono quindi anche più sensibili di altri al “fallimento terapeutico”.

Esiste oggi la possibilità per questi pazienti, di rivolgersi a Specialisti Urologi e Neurologi, presso Centri Specializzati, per trovare la soluzione più adatta per risolvere (ovivere dignitosamente) il proprio problema, ma spesso, quello che manca è una corretta informazione che finisce spesso per trasformarsi in rassegnazione a vivere in maniera frustrante la propria condizione di handicap.

Cosa è la vescica?


La vescica è un serbatoio di raccolta delle urine che provengono dai reni tramite gli ureteri. 
La vescica è un serbatoio continente. Ha quindi la capacità di svuotarsi a comando.



A che cosa serve la vescica?


Spesso non ci rendiamo conto di quanto certe cose che a noi sembrano semplici, siano invece complesse.

Parlando di vescica, probabilmente non abbiamo mai riflettuto sulle caratteristiche, apparentemente contrastanti, che essa deve possedere.
Per assicurarci il “comfort” a cui siamo abituati questo organo deve infatti:

aumentare la propria capacità (e quindi distendersi) man mano che l’urina vi si accumula;
non perdere neanche una goccia, tanto quando dormiamo, quanto mentre facciamo uno sforzo;
 si deve svuotare piuttosto rapidamente quando lo desideriamo;
deve essere capace di contrarsi da sola, ma solo quando noi lo vogliamo. 
Deve quindi possedere una attività contrattile spontanea attivabile solo a richiesta,ovvero solo quando la coscienza dell’individuo lo permette;
nel neonato, in assenza di coscienza, deve funzionare addirittura da sola, in regime di “autogestione”, svuotandosi automaticamente quando è abbastanza riempita.

Si capisce ad occhio, che una simile serie di caratteristiche presuppone dei meccanismi 
di funzionamento e controllo molto complessi e per certi versi, facili a rovinarsi.

Quando l’individuo è affetto da malattie che alterano questo sistema, si parla di vescica neurologica.

Entrando un pò di più nello specifico dell’argomento, dobbiamo descrivere brevemente 
i componenti fondamentali dell’apparato urinario coinvolti.

 

Come è fatta la vescica?


Il muscolo della vescica si chiama detrusore: le sue fibre formano una rete perché decorrono 
in tutte le direzioni e sono immerse in un tessuto connettivo che contiene anche fibre elastiche.
Queste due peculiarità fanno sì che la vescica possa distendersi notevolmente aumentando la propria capacità da zero ad oltre mezzo litro, conservando una forma approssimativamente sferica; in fase di contrazione, durante lo svuotamento, grazie a questa struttura “a rete sferica” delle fibre muscolari del detrusore, si avrà una simmetrica riduzione di tutti i diametri, (immaginate un palloncino che si sgonfia) finalizzata ad eliminare l’urina attraverso “l’imbuto” costituito dal collo della vescica e dal tratto iniziale dell’uretra, che costituiscono l’apparato sfinterico del sistema, ovvero di svuotamento.

 

Come funziona la vescica?


La vescica, il collo vescicale ed il tratto iniziale dell’uretra si comportano sempre in maniera sinergica (cioè coordinata) con il detrusore ed è costituito da fibre muscolari lisce (involontarie) del collo vescicale e dell’uretra prossimale e da fibre muscolari striate (volontarie). Queste due porzioni sono definite comunemente “sfintere liscio” o “interno” e “sfintere striato” o “esterno” o “estrinseco”.

In parole povere lo svuotamento vescicale, ovvero la minzione, avviene grazie a due meccanismi sincronizzati:

la contrazione delle fibre muscolari vescicali (detrusore)
apertura del collo vescicale e dello sfintere esterno.

Quali sono i meccanismi che regolano 
il corretto funzionamento della vescica?

L’innervazione della vescica è assicurata dalle due componenti del sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico).

Le fibre parasimpatiche originano dai segmenti spinali sacrali S2-S4 e formano: i nervi pelvici 
che conducono al midollo le informazioni sensitive provenienti da recettori di distensione posti nella parete vescicale (detti “tensocettori”) segnalando lo stato di riempimento della vescica. 

I nervi pelvici contengono anche le fibre motrici che dal midollo conducono al detrusore l’impulso per la contrazione e lo svuotamento.
Sempre al sistema parasimpatico appartengono i nervi pudendi che originano dalle corna anteriori dei segmenti sacrali S2-S4 ed innervano la parte esterna dello sfintere striato garantendo che ogni incremento della pressione intra-addominale sia accompagnato da una contrazione riflessa dello sfintere che impedisce la fuoriuscita di urina.

Le fibre ortosimpatiche originano dai segmenti spinali toraco-lombari (T11-T12) e formano i nervi ipogastrici che controllano la muscolatura liscia del collo vescicale, lo sfintere liscio, permettendone il rilasciamento e la apertura durante la minzione volontaria.

Esistono poi numerosi centri di integrazione e di controllo del sistema che sono posizionati in varie strutture del sistema nervoso centrale (ponte, mesencefalo, corteccia del lobo frontale, ipotalamo, talamo, gangli della base e cervelletto).
La maggior parte di queste strutture, hanno peraltro un significato inibitorio (di modulazione) della “tendenza naturale” della vescica a svuotarsi; 
in altre parole, servono ad impedire che noi si cominci ad urinare, quando la situazione del momento, non viene considerata “appropriata” dalla nostra coscienza.

Questo concetto di “necessità di controllo della vescica” quasi fosse un cavallino imbizzarrito, può risultare più facilmente comprensibile se si considera che la vescica possiede un suo “cervellino” personale, situato nel midollo spinale, pressappoco all’altezza della 4°–5° vertebra lombare 
e che si estende fino alle prime vertebre sacrali.
Questo meccanismo di controllo, funziona in modo completamente automatico nel bambino piccolo (fino ai 18-36 mesi): quando la vescica si riempie abbastanza, la distensione della propria parete, segnalata da impulsi che seguono le vie nervose prima descritte, raggiungono il centro di comando spinale ed innescano automaticamente per via riflessa la decontrazione dello sfintere e la conseguente contrazione del detrusore (è l’epoca dei pannolini).

Man mano che l’individuo si sviluppa fisicamente, nel midollo spinale che si allunga e nelle strutture cerebrali superiori, si sviluppano una serie di centri nervosi che bloccano l’impulso recepito 
di “vescica piena” e lo sottopongono, modulandolo, al controllo vigile della coscienza, permettendo che esso si tramuti in impulso di attivazione del complesso sfintere-detrusore, solo quando l’individuo “lo vuole”.

 

Cosa succede quando la vescica va in tilt?


Quanto detto sopra, dà già un’idea della complessità del funzionamento del sistema e, 
di conseguenza, fa già intuire in quanti modi si possa realizzare un disturbo nel funzionamento 
dello stesso.

Si pensi a tutte le lesioni delle vie nervose interessate (che vanno dalla pelvi alla corteccia cerebrale) da trauma (le lesioni del midollo spinale), alle malattie degenerative del sistema nervoso, (per esempio il Morbo di Parkinson o la Sclerosi Multipla, per citare solo due delle più comuni) ed a tutte quelle malattie, considerate “banali” che provocano direttamente od indirettamente una lesione delle fibre nervose (per esempio il Diabete).

A seconda del punto in cui si verifica il danno, si avrà un “ malfunzionamento” di tutto il sistema
che potrà avere aspetti clinici e pratici diversissimi.

Avremo così, per esempio, vesciche che riprendono a funzionare come quella dei bimbi 
(da pannolino, per intenderci), per le lesioni al di sopra del midollo lombare, con conseguente imprevedibile perdita di urine (vescica automatica), alle vesciche che, al contrario, si lasciano riempire a dismisura, non trasmettendo più il segnale di “tutto esaurito” per lesioni dell’innervazione periferica (ad elevata compliance); vesciche che pur sentendo di essere piene non possono contrarsi (areflessia detrusoriale) e vesciche che, pur contraendosi non si svuotano per mancata decontrazione degli sfinteri (dissinergia vescico-sfinterica).

Si comincia adesso ad intuire come la “vescica neurologica” sia un problema con moltissime sfumature, non sempre semplici da individuare e da trattare, che riguarda un numero elevatissimo di persone.

INTRODUZIONE

Si definisce impotenza l’incapacità di ottenere o di mantenere un’erezione di grado sufficiente a permettere il rapporto sessuale.

“Una soddisfacente attività sessuale è uno dei pilastri fondamentali su cui l’uomo può costruire una esistenza felice.”

Elementi fondamentali per il raggiungimento di una buona attività sessuale sono:
la buona proiezione esterna di se stessi: autostima e immagine;
il buon funzionamento dei meccanismi che regolano l’induzione ed il mantenimento dell’erezione.

Una buona immagine di se stessi oltre al gradimento del proprio fisico comprende il gradimento dei propri organi genitali ed il loro buon funzionamento.
o studio del vostro deficit erettile ci consentirà di offrirvi una specifica soluzione di tipo medico/farmacologico o chirurgico.

A questo termine, a cui in passato veniva attribuita una valenza negativa, sinonimo di mortificazione ed emarginazione, viene oggi sempre più sostituita la definizione di “deficit erettile” (DE) che comprende un ampio spettro di condizioni che vanno dalla incapacità completa di erezione alla parziale riduzione della rigidità peniena.
L’erezione coinvolge in modo coordinato i sistemi vascolare, ormonale e nervoso.
Fino a dieci anni fa si riteneva che la causa dell’impotenza fosse
da ricercarsi, nella stragrande maggioranza dei casi, in problematiche di natura psicologica.
In questi ultimi anni l’utilizzo di nuovi mezzi diagnostici ha portato ad una revisione di questo inquadramento identificando nella genesi del “deficit erettile” la presenza di alterazioni di natura organica soprattutto dei sistemi vascolare e nervoso.
Si deve inoltre tenere presente che molte forme d’impotenza hanno eziologia multifattoriale organica con associazione di elementi negativi
di natura psichica.


Anatomia del pene

La struttura erettile del pene è costituita dai corpi cavernosi e dal corpo spongioso del’uretra.
I corpi cavernosi sono due cilindri, uniti tra loro a canna dii fucile, formati da una guaina esterna estremamente elastica e resistente detta albuginea e da un tessuto interno di tipo spongioso i cui spazi interni sono rivestiti da endotelio (lo stesso rivestimento delle parete interna dei vasi sanguigni) avvolto, all’esterno, da fibre muscolari lisce che ne consentono il rilasciamento (fase di riempimento o erezione) o la contrazione (fase di svuotamento o di detumescenza).
Le celle del tessuto spongioso sono separate da setti che si fondono con la guaina esterna (albuginea).
Il corpo spongioso dell'’uretra ha una struttura simile a quella dei corpi cavernosi ed avvolge l’uretra.
I corpi cavernosi e la spongiosa dell’uretra sono avvolti da tuniche non aderenti tra loro che ne consentono lo scivolamento. L’afflusso di sangue al pene viene assicurato principalmente dalle arterie cavernose, rami delle arterie iliache interne, mentre il deflusso è garantito principalmente dalla vena dorsale profonda del pene.
L’innervazione del pene è garantita dai nervi erigentes rami del pudendo.

Fig. 1, Struttura del pene


Fisiologia dell’erezione

L’erezione è un evento, a cui concorrono più apparati, scomponibile in tre fasi:

1. Fase della libido
È quella condizione in cui si è recettivi allo stimolo sessuale; è sotto il controllo degli ormoni sessuali maschili (androgeni)

2. fase neuro/psico/endocrina
Una volta recepito lo stimolo sessuale inizia la fase emotiva della elaborazione corticale e della induzione dell’erezione

3. fase della erezione
È un tempo essenzialmente “idraulico”, il sangue entra e viene trattenuto nei corpi cavernosi determinando un aumento della pressione al loro interno e quindi erezione che dura fino a quando i meccanismi deputati al trattenimento del sangue all’interno dei corpi cavernosi (Sistema Corporo-Occlusivo) non vengono disattivati provocando la detumescenza.




Fig. 2, Struttura in sezione trasversale del pene

Fig. 3, Circolazione arteriosa del pene
Fig. 4, Circolazione venosa del pene
Fig. 5, Componenti del tessuto cavernoso e meccanismo di erezione penina

INTRODUZIONE

I testicoli sono le gonadi maschili. Rappresentano quindi gli organi riproduttivi primari del maschio deputati alla spermatogenesi, cioè alla sintesi degli spermatozoi (gameti maschili).
Sono anche noti come "didimi" e affiancano alla funzione riproduttiva gametogena un importante attività endocrina, essendo sede principale della sintesi del testosterone.
Piccoli nel feto e nel bambino, i testicoli crescono rapidamente di volume alle soglie della pubertà; nell'adulto raggiungono il peso di circa 10-20 grammi ciascuno.

Pari di numero (testicolo di destra e di sinistra) e simmetrici, i testicoli presentano una forma in genere ovoidale.
Di consistenza duro-elastica, in età adulta presentano dimensioni medie pari a:

3,5/4 Cm. di lunghezza;
2,5 Cm. di larghezza;
3 Cm. di diametro anteroposteriore.



I testicoli sono accolti nello scroto, un sacco fibromuscolare cutaneo sospeso al di sotto della sinfisi pubica tra le facce antero-mediali delle cosce.
Di solito, il testicolo di sinistra è più basso di quello di destra, quindi anche lo scroto è più basso dal lato sinistro, e il funicolo spermatico omolaterale risulta più lungo; tale caratteristica potrebbe essere stata selezionata nel corso dell'evoluzione per impedire ai testicoli di urtare l'uno contro l'altro.

 

LA LORO FORMAZIONE

Durante lo sviluppo i testicoli si formano nella cavità addominale, accanto ai reni.
Successivamente, si spostano verso il basso trascinandosi dotti, vasi e nervi, che formeranno il funicolo spermatico.
Poco prima della nascita del bambino o immediatamente dopo, i testicoli vanno a collocarsi nei sacchi scrotali.
Quando ciò non avviene si parla di una malattia denominata criptorchidismo.

 

FUNZIONALITA'

I testicoli sono sospesi all'interno dello scroto, al cui interno giacciono in posizione obliqua, con il polo superiore inclinato in avanti e lateralmente, ed il polo inferiore situato medialmente e all'indietro.
All'interno della sacca scrotale i due testicoli sono parzialmente separati da un setto mediano di tessuto fibroso (il setto scrotale).
La posizione esterna dello scroto, quindi la distanza dei testicoli dalla sinfisi pubica, è regolata dal muscolo dartos e dalla sua capacità di contrarsi e rilassarsi in funzione della temperatura.
Infatti, se la temperatura dei testicoli sale, la sintesi degli spermatozoi (spermatogenesi) viene inibita; di conseguenza, quando fa freddo, la contrazione della muscolatura scrotale porta i testicoli in posizione più vicina al corpo, facendo apparire più raccolta e raggrinzita la borsa scrotale; viceversa, in ambiente caldo lo scroto si presenta allungato, liscio e flaccido.
Anche il muscolo cremastere contribuisce a mantenere la temperatura testicolare, regolandone il funzionamento.
Il gubernaculum testis è un'appendice fibrosa, una lamina connettivale che fissa il polo inferiore del testicolo alla borsa scrotale.
All'interno dello scroto i testicoli sono appesi all'estremità inferiore del corrispondente funicolo spermatico.
Oltre ai testicoli, lo scroto accoglie anche i relativi epididimi ed il tratto inferiore del funicolo spermatico.


L'epididimo si trova addossato al margine posteriore del testicolo; nella sua coda raccoglie gli spermatozoi prodotti dal testicolo e portati a maturazione al suo interno; inoltre, partecipa al controllo e alle variazioni di composizione del fluido seminale, attraverso processi di secrezione ed assorbimento; infine, concorre all'eliminazione degli spermatozoi danneggiati. L'epididimo costituisce il primo tratto delle vie spermatiche e in corrispondenza della sua coda troviamo l'inizio del relativo dotto deferente;

Durante l'orgasmo gli spermatozoi vengono riversati dall'epididimo nel dotto deferente, dove proseguono verso l'alto grazie all'azione peristaltica generata dai muscoli di questo tubicino di raccordo. Sfociano quindi nei dotti eiaculatori e da qui nell'uretra prostatica; durante questo percorso gli spermatozoi si uniscono al prodotto di secrezione delle ghiandole sessuali accessorie, come la prostata e le vescichette seminali;

Il funicolo spermatico è un cordone che connette il testicolo al resto dell'organismo, raccogliendo al suo interno un insieme di strutture (arterie, vene, sistema linfatico, nervi, dotto deferente, muscolo cremastere ecc.) tenute insieme da connettivo lasso. Lungo circa 14 cm, per un diametro di 10 mm, il funicolo si estende dal margine posteriore del testicolo alla cavità addominale del canale inguinale, dove si risolve nelle varie formazioni che lo costituiscono.

 





CONFORMAZIONE


Il testicolo è composto da 2 tipi differenti di cellule: le cellule di Leydig (che producono testosterone) e le cellule di Sertoli (che consentono la maturazione degli spermatozoi). Questi ultimi, infatti, rimangono all’interno del testicolo per il tempo necessario a completare il proprio processo maturativo che culmina nella formazione dello spermatozoo maturo il quale, alla fine, potrà essere finalmente espulso all’esterno attraverso il complesso meccanismo dell’erezione e dell’eiaculazione.
Può succedere, però, che vi sia una incapacità, temporanea o duratura, a raggiungere o a mantenere un’erezione, che determina il quadro clinico descritto come disfunzione erettile.
A volte, però, pur in presenza di una normale capacità erettile può essere persistere una incapacità a concepire (infertilità maschile).
In questi casi si rende necessario un ulteriore approfondimento diagnostico mediante l’esecuzione di esami più specifici come lo spermiogramma o la biopsia testicolare.
La ginecomastia, invece, consiste nell’aumento del volume, nel maschio, di una o di entrambe le mammelle causato da un aumento del tessuto ghiandolare.
Questa condizione è spesso legata a cause testicolari anche se a volte può essere causata da farmaci o da altre patologie non endocrine.
Infine, come per le altre ghiandole endocrine anche i testicoli possono andare in contro ad una trasformazione di tipo neoplastico (tumori del testicolo); si tratta di tumori che possono avere caratteristiche anche estremamente diverse tra loro ma, in linea di massima, sono accomunati dal fatto che si riscontrano spesso in giovane età e che si associano, se scoperti precocemente, ad una elevatissima probabilità di successo terapeutico.

Cosa è il varicocele?


I testicoli per poter produrre degli spermatozoi di buona qualità necessitano di una temperatura inferiore a quella corporea.
La borsa scrotale rappresenta quindi un meccanismo di raffreddamento, ponendo i testicoli all’esterno del corpo.
Il funicolo spermatico rappresenta il mezzo di connessione tra i testicoli e il resto dell’apparato urogenitale, contenuto nello scavo pelvico.
È costituito dal deferente, il tubicino che consente agli spermatozoi di andare dai testicoli alla prostata, da arterie e da vene, il tutto avvolto a mò di guaina dal muscolo cremastere.
Quando le vene che decorrono nel funicolo spermatico sono sfiancate e quindi dilatate, determinano un ristagno di sangue sul testicolo sottostante alla pari di un termosifone sempre in funzione.
L’aumento della temperatura che ne consegue danneggia i processi maturativi testicolari, (spermatogenesi) determinando una riduzione del numero e della motilità degli spermatozoi.
Questa condizione è detta varicocele e per motivi anatomici si manifesta quasi sempre a carico del testicolo sinistro.
 



Quali sono le cause che lo determinano?


La causa può essere rappresentata da una predisposizione individuale a sviluppare varici per debolezza intrinseca delle pareti venose o dalla maggior pressione idrostatica a cui è soggetta la vena spermatica sinistra (sbocco ad angolo retto nella vena renale) rispetto alla controlaterale, che confluisce direttamente nella vena cava.
Meno frequentemente il varicocele insorge in età più avanzata, come segno clinico di affezioni addominali o pelviche che portano ad infiltrazione e/o compressione delle vene spermatiche interne.
In tali casi entrambi gli emiscroti possono essere interessati, anche con coinvolgimento bilaterale simmetrico.
 


Come si fa diagnosi di varicocele?


Il varicocele è molto frequente nei giovani e se non curato può danneggiare seriamente la funzione riproduttiva determinando nel tempo un calo della fertilità.
Dopo la pubertà e negli adolescenti è sempre opportuno il controllo clinico dei testicoli che già da solo può consentire di porre diagnosi di varicocele.
Deve comunque seguire un ecocolordoppler scrotale e lo spermiogramma (esame funzionale del liquido seminale).
Con questi due esami si definisce il grado del varicocele e l’eventuale danno che ne è derivato. 
 


Esiste un solo tipo di varicocele?


Il varicocele clinicamente manifesto può essere classificato secondo tre diversi gradi di estensione e gravità, ma è preceduto da due stadi fisioanatomici in cui, pur non essendo clinicamente manifesto, può già determinare un innalzamento della temperatura del parenchima testicolare.

L’assenza ecografica di vene dilatate o la presenza di un tronco venoso dilatabile solo a livello inguinale con dimostrazione al color-doppler di reflusso all’emergenza scrotale è indice di uno stadio iniziale, compensatorio, con ipertrofia delle pareti venose, senza stasi ematica né ipertermia testicolare.
La presenza di plessi venosi dilatati, esclusivamente in sede sopratesticolare, con reflusso dopo manovra di Valsalva indica, invece, uno stadio di varicocele clinicamente latente, ma con stasi venosa determinante possibile surriscaldamento del testicolo.

La dimostrazione di vasi venosi peritesticolari di calibro normale in condizioni basali, ma dilatati e con reflusso solo durante la manovra di Valsalva, identifica uno stadio iniziale di varicocele manifesto.
A questo stadio, l’indagine clinica è solitamente negativa, ma il paziente spesso riferisce senso di gonfiore, dolenza e pesantezza scrotale dopo prolungato ortostatismo.
L’associazione di dilatazione venoso in condizioni basali e di reflusso poco evidente al color-doppler, ma incrementabile con la manovra di Valsalva, indica un varicocele manifesto di grado medio, con coinvolgimento globale del plesso pampiniforme.
In tale stadio particolare attenzione va posta allo studio del parenchima testicolare per rilevare un’eventuale iniziale ipotrofia.
Il riscontro ecografico di dilatazione venosa peritesticolare non incrementabile con manovre funzionali e di reflusso già in condizioni basali, indica un varicocele avanzato.
A questo stadio, le varicosità possono estendersi anche al plesso venoso controlaterale ed è spesso presente ipotrofia del testicolo sinistro.
Dopo la terapia chirurgica (legatura o sclerosi) è frequente il riscontro di recidive: in questi casi, la presenza di vene di calibro superiore a 3 mm associata a reflusso venoso è indice affidabile di recidiva di varicocele.




Come si manifesta il varicocele?


Clinicamente il varicocele si manifesta quasi sempre in due modi:

  • Sensazione di peso con o senza dolenzia localizzata a uno o entrambi i testicoli. È causata dall’aumento della pressione del sangue e quindi dalla dilatazione delle vene plesso pampiniforme.
  • L’infertilità di coppia.


Come si cura il varicocele?


Trattamento chirurgico: con un piccolo taglio inguinale (3-5 cm) e con la semplice divaricazione dei muscoli si isola la vena spermatica e la si lega prima che inizi a sfioccarsi in rami minori.  L'intervento dura pochi minuti e richiede un’anestesia superficiale. Può essere eseguito in regime di day-hospital.


Trattamento radiologico:
è il trattamento di elezione delle recidive chirurgiche del varicocele. Consiste nella chiusura della vena spermatica e delle sue eventuali collaterali con una tecnica radiologica di sclero-embolizzazione selettiva che consente di raggiungere.
Tale procedura di trattamento endo-vascolare, sotto guida radioscopica, consente in mani esperte, chiudere il plesso dilatato nel giro di pochi minuti, quasi in assenza di fastidio e di complicanze.
 Il trattamento viene eseguito in regime di Day-Hospital o con un giorno di ricovero in funzione dell’organizzazione della struttura accogliente, con risoluzione del problema in via definitiva in un’altissima percentuale di casi.


Sia che venga corretto con tecnica chirurgica o radiologica la verifica del trattamento è
a sei mesi con un nuovo controllo dello spermiogramma e dell’eco-color-doppler per verificare
l’assenza di reflussi.



Es. di trattamento sclero-embolizzante della vena spermatica sinistra

1. Cateterizzazione della vena spermatica
2. Flebografia della vena spermatica: origine dalla vena renale sinistrara
3. Flebografia della vena spermatica: tratto lombare
4. Flebografia della vena spermatica: tratto pelvico
5. Flebografia del plesso pampiniforme
6. Risultato dopo trattamento chiusura della vena spermatica

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